150°Anniversario Unità d'Italia
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2 giugno 2009
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La battaglia di Monterotondo e
Mentana
La
campagna dell’Agro Romano finita in modo sì doloroso per la
sconfitta dei Garibaldini, trova a giustificazione del suo negativo
andamento il fatto che essa era questione di importanza
internazionale che poteva essere risolta o sul piano diplomatico o
da qualche avvenimento europeo che levasse dagli impicci il nostro
governo nazionale legato mani e piedi dall’invadenza francese che
era riuscita con la
convenzione di settembre
del 1864 a far
sperare che l’11 settembre i Francesi se ne sarebbero andati da
Roma, ma, perché ciò avvenisse, la Francia impegnava il nostro
governo non solo a non attaccare il territorio
pontificio, ma ad impedire anche che altri lo tentassero. La
Francia, subito dopo aver firmato questo trattato, aveva provveduto
a costituire un grosso corpo volontario di cattolici francesi
denominati La Legione di Antibo, ma di fatto, costituita da
clericali legittimisti e soldati francesi dell’esercito regolare
fatti passare come volontari. Se la Francia aveva costruito una
grossa pentola dove mettere le aspirazioni italiane a Roma capitale,
gli Italiani pensarono subito di chiudere la sua imboccatura con un
grosso coperchio rappresentato dal fatto che nella convenzione non
fu detta parola relativamente alla possibilità che fossero i sudditi
papalini a ribellarsi al proprio governo consegnando con plebiscito
la città di Roma all’Italia, perché ne facesse la propria sospirata
capitale.
I Comitati patriottici di Roma
A Roma
esistevano due comitati clandestini: uno era il Comitato Nazionale
dei Moderati di stampo liberale, l’altro il Centro di Insurrezione, quest’ultimo aveva un carattere in prevalenza repubblicano per cui è
chiaro che non godesse delle migliori simpatie delle istituzioni
governative italiane. Il Centro di Insurrezione spingeva il Generale
Garibaldi ricordando al medesimo di essere stato nominato Generale
della Repubblica Romana e di aver ricevuto i pieni poteri dalla
medesima al momento di lasciare Roma nel 1849. Il Triunvirato, dopo
la protesta per l’invasione francese, è bene non dimenticarlo, aveva
promulgato la sua costituzione ed abbandonato la città senza
proclamare la resa. In definitiva gli insurrezionalisti lo volevano
a capo di un Comitato di fuoriusciti romani. Il Garibaldi, allora
ospite di Giorgio Pallavicino, il 22 marzo
accettò e il 1 aprile il Centro Insurrezionale cominciava in tutta
Italia la ricerca del denaro occorrente per l’impresa. Il governo
francese, arrivato a conoscenza del fatto, inviò al Rattazzi una
formale protesta. Il Rattazzi, che pur proveniva dalle fila
democratiche, fiutando il pericolo di trovarsi in casa l’esercito
francese, dovette piegare la testa e dichiarare che il trattato
sarebbe stato rispettato. A Terni, comunque, 106 giovani si
radunarono nell’ex convento di San Martino tentando di entrare nei
territori della Santa Sede, ma sul confine trovano un reparto dei
nostri granatieri che li costrinsero a sciogliersi. Garibaldi giunse
a Siena e proclamò l’insurrezione per l’autunno a venire inviando il
Cucchi a Roma, il figlio Menotti nel Mezzogiorno e Giovanni Acerbi a
Torre Alfina, vicina ad Orvieto, tutti a cercar volontari. Il
Rattazzi, pressato dai Francesi, invitò, dopo il suo ritorno da un
viaggio politico in Svizzera, Garibaldi a ritirarsi a Caprera.
Nel frattempo da 220 comuni d'Italia grandi e piccoli affluivano i
Volontari in risposta all'appello di Garibaldi. La Campagna
dell'Agro Romano per la liberazione di Roma, come fu chiamata quella
del 1867 (ultima con la presenza di volontari in Italia). Durò circa
45 giorni concludendosi sfortunatamente il 3 novembre a Mentana.
Garibaldi, elusa la sorveglianza di Caprera, raggiunse il figlio
Menotti a fine ottobre puntando sulla conquista di Monterotondo,
presidio pontificio. Il 28 ottobre, al termine di cruenti scontri
tra garibaldini e pontifici, la città fu occupata dai volontari. Da
Monterotondo Garibaldi con il suo stato maggiore si accostò più
volte alla periferia romana sperando in un'insurrezione. In quei
giorni ci fu il sacrificio dei Fratelli Cairoli a Villa Glori e, in
città quello della Tavani Arquati. L'anno successivo il governo
pontificio fece decapitare i patrioti Monti e Tognetti, malgrado un
appello alla clemenza del Re Vittorio Emanuele II. Garibaldi,
valutata l'impossibilità di andare a Roma, decise da Monterotondo di
puntare su Tivoli per sciogliere la legione. Ritardi nella partenza,
ordini mal capiti, richieste di intervento di reparti garibaldini
disattesi portarono allo scontro del 3 novembre 1867 tra i pontifici
e quanti restavano dei garibaldini a seguito di numerose diserzioni.
Furono i pontifici a sconfiggere Garibaldi e i suoi volontari. A
cose fatte arrivarono i Francesi che stentarono ad intervenire come
testimonia, citando i documenti, il saggista Lorenzo Innocenti nel
volume sul risorgimento italiano visto attraverso la storia del
reggimento Zuavi Pontifici 1860-1870. il fucile chassepot tanto
decantato per aver fatto meraviglie, in pratica fu usato quasi come
in un'esercitazione. L'arma, fabbricata in parte dalla Glisenti in
Italia, ebbe scarsa fortuna e fu presto accantonata. Terminata la
sfortunata battaglia Garibaldi con i suoi si ritirò a Passo Corese
verso il suo destino. la Campagna dell'Agro Romano per la
liberazione di Roma fu riconosciuta dallo stato sabaudo nel 1898 al
termine di complessi dibattiti parlamentari. Tutti i riconoscimenti
a quanti vi parteciparono, compresa la medaglia dei liberatori di
Roma datano dal 1900.
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